Uveiti

Nella moderna medicina si è inserito un capitolo che, senza ombra di dubbio, costituirà negli anni a venire uno dei punti di studio di maggior interesse per la scienza medica: le patologie immuni oculari, particolarmente quelle con implicazioni a carico del segmento posteriore.

Tale categoria viene suddivisa poi in uveiti a matrice infettiva e non infettiva. Questa distinzione è di cruciale importanza per non incorrere in terapie inappropriate, potenzialmente pericolose nei soggetti che presentano patologie infettive, quali herpes retinico, toxoplasmosi, tubercolosi (TB) e sifilide.

In caso di lesioni complesse o di difficile inquadramento diagnostico-clinico, quando anche test di tipo bio-molecolare non ci aiutano, l’impiego di biopsia di vitreo ed umor acqueo possono essere estremamente utili.

Quando non sussistano evidenze di affezioni a matrice infettiva, si inquadra la patologia come non-infettiva. Tuttavia, a questo punto, compare un altro problema: nel caso non vi fossero evidenze di patologie sistemiche concomitanti, la patologia viene identificata come uveite non-infettiva ad esclusivo interessamento oculare.

Infatti, di minor divulgazione sono sicuramente le patologie infiammatorie oculari di matrice, presumibilmente non-infettiva. Si specifica presumibilmente, perché, come è noto ormai da tempo, il meccanismo che gli anglosassoni chiamano “trigger” (grilletto), non è realmente conosciuto, e non è possibile escludere categoricamente possibili start di affezioni non-infettive a causa di trigger infettivi.

Le uveiti non-infettive con esclusivo interessamento oculare sono un ampio capitolo dell’oftalmologia (Lista 1), e spesso, vista la loro multiformità, costituiscono un nemico insidioso che il medico oculista deve in primis identificare e, quindi, curare.

Lista 1 – Uveiti di matrice non-infettiva con esclusivo interessamento oculare:

  • Coroidite birdshot
  • Ciclite eterocromica di Fuch’s
  • Multiple evanescent white dot syndrome (MEWDS)
  • Coroidite multifocale Con/Senza Panuveite
  • Epitelite acuta
  • Sindrome da presunta Hystoplasmosi oculare
  • Coroidite Serpiginosa
  • Oftalmia Simpatica
  • Coroidopatia Punctata Interna (PIC)
  • Vitreite idiopatica
  • Vasculite Idiopatica
  • Pars Planite
  • Sindrome uveitica con fibrosi sottoretinica
  • Epiteliopatia Acuta a Placche Multiple (APMPPE)

La medicina è sempre stata identificata come una disciplina estremamente rigorosa, ma nel campo delle uveiti, i tradizionali schemi costituiscono un argine che spesso deve essere valicato: la tecnica, quindi, diviene arte. Il grande istrionismo di questa vasta famiglia di affezioni non consente di potersi attenere a degli schemi fissi, sia dal punto di vista della diagnosi, sia dal punto di vista della prognosi, sia dal punto di vista della terapia stessa.

Non è raro, infatti, trovare quadri clinici apparentemente ben definiti, che nell’arco del tempo “virano” nel loro aspetto e mutano la loro storia in un’altra patologia, con tipologia simile ma non identica. Estremamente affascinante, per gli spunti di riflessione scientifica, l’osservazione di casi “ibridi”, quelli che gli anglosassoni chiamano Overlapping Syndromes, ossia intersezioni, fusioni di entità patologiche non ben definite, che depongono, probabilmente, per un’origine comune dal punto di vista immunologico.

La metodologia di diagnosi non reca ancora uno standard ben preciso, e spesso l’identificazione di una patologia risulta esito di un procedimento diagnostico di integrazione, tra clinica, esami strumentali, e immunocitochimica. Nelle patologie come la Coroidopatia Birdshot (letteralmente “pallino da caccia”), che reca tale nome per l’aspetto della retina disseminata di macchie bianco- giallastre coroideali profonde, è stato identificato un link con un l’HLA-A29, sub-tipo 2, che presumibilmente implica un meccanismo fisiopatologico mediato dal Complesso di Istocompatibilità Maggiore (MHC) di Classe I. 

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Esiti atrofico-cicatriziali di coroidite serpiginosa

Immagine in autofluorescenza dello stesso caso

Immagine in autofluorescenza dello stesso caso

Pur se altamente associata a patologia tubercolare, un’altra affezione è stata identificata come possibile frutto di disordini anticorpali non-infettivi: la coroidite serpiginosa. Tale patologia uveitica può presentare estrema aggressività, caratterizzata da lesioni a carico della coriocapillare, di aspetto biancastro, a lenta espansione ed a carattere necrotizzante. La coroidite serpiginosa non-TB correlata è stata associata a positività per HLA-B7, ed anche alla luce dell’efficacia delle terapie steroidea ed immunosoppressiva si ritiene estremamente verosimile attribuire ad un processo autoimmune la paternità del meccanismo fisiopatologico della flogosi.

Diverso, ed affascinante, è il capitolo delle così dette “sindromi delle macchie bianche”, dove le “M.E.W.D.S.” (Multiple Evanescent White Dots Sindrome), acronimo del corrispondente nome inglese, sono una delle affezioni oculari maggiormente dibattute. Non è attualmente facile inquadrare le M.E.W.D.S. dal punto di vista eziopatogenetico: la frequente associazione di sintomi di tipo “simil- influenzale”, comunque non sempre presenti, lascerebbe aperta l’ipotesi di un meccanismo di matrice infettiva con un’attivazione di processi non-infettivi per seconda intenzione, e possibilmente apparirebbe ragionevole credere che un infezione virale possa essere la causa scatenante; fortunatamente, ad ogni modo, l’ischemia infiammatoria coriocapillare tende a svanire in poco tempo senza lasciare traccia, pur se recentemente si sta riconsiderando la sua tendenza a recidivare.

Anche in corso di pars planite un’associazione con HLA-A28 è stata identificata a metà degli anni ’90. La pars planite è un’uveite del tratto intermedio dell’uvea che reca delle precise caratteristiche diagnostiche che la differenziano nettamente da altre forme di flogosi.

Non sempre però la supposta o reale eziologia non-infettiva risulta facile da dimostrare: in un’alta percentuale dei casi, infatti, i soggetti sono assolutamente sani, senza markers ematici infettivi, o immunologici che possano identificare realmente la paternità della flogosi da parte di un procedimento veicolato da una iper-reattività del sistema immunitario, e molto frequentemente la diagnosi è basata solo sugli aspetti biomicroscopici, e sulla storia clinica dell’uveite stessa, come ad esempio in corso di Oftalmia Simpatica, panuveite bilaterale di soggetti che hanno subito traumi perforanti oculari in un occhio, nota come oftalmia simpatica. Quando, ancor più spesso, non vi è apparentemente una causa ben determinata, le uveiti vengono denominate idiopatiche.

L’anima della medicina è stata, e sarà sempre, il connubio tra diagnosi e terapia, e la condizione necessaria e sufficiente per instaurare una terapia efficace diretta contro le uveiti, è costituita dalla separazione tra uveiti infettive e non: fondamentale è escludere la presenza di un patogeno microbico all’origine della flogosi, e quindi iniziare una terapia razionale ed efficace diretta contro la patologia infiammatoria oculare.

Il cortisone costituisce una molecola di provata efficacia nella terapia delle uveiti non-infettive, sia come farmaco topico, ossia istillato come collirio un numero di volte congruo all’entità dell’infiammazione, sia come farmaco sistemico somministrato per via endovenosa, nelle uveiti di severa entità, od orale nel tradizionale management del paziente. Sembrerebbe paradossale parlare di terapia iniziale riferendosi al cortisone, che in realtà, per anni, ha costituito l’unico rimedio a tale categoria di affezioni, ma è ben nota la sequela di effetti collaterali legati ad un uso prolungato di steroidi (Lista 2).

Lista 2 – Principali effetti collaterali da steroidi:

  • Diabete
  • Disturbi Gastro-intestinali
  • Disturbi a carico del Sistema Nervoso Centrale
  • Disturbi Cardio-vascolari
  • Disturbi endocrini
  • Disturbi della crasi ematica
  • Cataratta
  • Ipertono oculare
  • Scompenso dell’epitelio pigmentato retinico

Il moderno approccio terapeutico alle uveiti non-infettive contempla da tempo l’uso di farmaci immunosoppressori, che hanno cambiato il management del paziente, evitando lunghe terapie con steroidi, e per questo vengono chiamati in letteratura anglosassone: “steroid sparing”, letteralmente: “sostituti degli steroidi”. Se questa appare una normale metodica per uveiti associate ad immunopatie sistemiche, per le flogosi esclusivamente oculari sarà ancora necessaria un’evoluzione sotto il profilo culturale medico, prima di raggiungere la maturità nelle conoscenze terapeutiche. Come nella gran parte delle uveiti secondarie a patologie non-infettivi sistemiche, il farmaco che generalmente viene impiegato come primo “steroid sparing” è la Ciclosporina A, antibiotico a potere immunosoppressore maggiormente conosciuto in ambito medico. Alla stessa famiglia della Ciclosporina A appartengono altri due farmaci “anagraficamente” più giovani, ma dal futuro impiego terapeutico di grande speranza: Tacrolimus, precedentemente conosciuto come FK506, e Sirolimus che negli ultimi anni hanno destato grande interesse e dimostrato efficacia nei primi casi nei quali sono stati impiegati. Il Micofenolato Mofetile, Anticorpi Monoclonali ed Interferon-α sono solo alcuni dei farmaci che sono già una realtà nella terapia delle uveiti non-infettive. In particolar modo, nella categoria degli anticorpi monoclonali, gli anti-Tumor Necrosis Factor (TNF)-α sono la nuovo frontiera terapeutica, specialmente da quando si è passati da un efficace, ma complicato nella gestione tipo di farmaco endovena (Infliximab), a nuove molecole a somministrazione sotto-cutanea, quindi maggiormente user friendly, a maggiore umanizzazione (Adalimumab e Golimumab). Questi farmaci biologici rappresentano l’ultima frontiera delle terapie rivolte alla cura di uveti non-infettive refrattarie alle tradizionali terapie immunosoppressive o a quelle affezioni che presentino un pattern di comportamento particolarmente aggressivo. Da rimarcare poi che Adalimumab è in procinto di ricevere indicazione oftalmologica, evento che rappresenterà una vera e propria Rivoluzione Copernicana nell’ambito dell’immunologia oculare.

Quello che attende la comunità scientifica, quindi, nei prossimi anni è sicuramente uno studio accurato della fisiopatologia delle affezioni a matrice non-infettiva, che sicuramente costituisce la chiave di volta nell’interpretazione terapeutica delle immunopatie, ricerca continua e senza tregua che rappresenta il paradigma delle speranze di molti pazienti, che quotidianamente lottano per non valicare il vallo che conduce alla cecità.

Piergiorgio Neri
Articolo a cura di Piergiorgio Neri
Servizio di Immunologia Oculare-Clinica Oculistica, Università Politecnica delle Marche, Ancona